... Io comincio a temere che siano ormai sfumate, camerata. Io già vi rinuncio e me ne torno alla villa di lord Guillonk.
— Io non ho paura, sergente.
— Ohe!... Camerata!...
— E continuerò a inseguire il pirata.
— Come vi piace.
— Felice ritorno — gridò il cavalleggero con ironia.
— Che il diavolo vi porti — rispose Sandokan.
Il cavalleggero era già lontano e spronava furiosamente il suo cavallo, dirigendosi ancora verso la boscaglia che aveva poco prima attraversata.
— Andiamo — disse Sandokan, quando non lo vide più. — Se ritorna ancora lo saluto con un buon colpo di carabina.
S'avvicinò al nascondiglio di Giro-Batol e tutti e due si rimisero in marcia, inoltrandosi nella foresta.
Attraversata un'altra radura, si cacciarono in mezzo alle folte piante, aprendosi faticosamente il passo fra un caos di calamus e di rotang che s'intrecciavano in mille guise ed una vera rete di radici, le quali serpeggiavano pel suolo in mille direzioni.
Camminarono per un buon quarto d'ora, attraversando numerosi torrenti, sulle cui rive si vedevano delle tracce recenti del passaggio degli uomini, poi giunsero in mezzo ad un macchione fittissimo e così coperto che la luce non poteva quasi più penetrarvi.
Giro-Batol si arrestò un momento ad ascoltare, poi disse, volgendosi verso Sandokan:
— La mia capanna è là, in mezzo a quelle piante.
— Un asilo sicuro — rispose la Tigre della Malesia, con un lieve sorriso. — Ammiro la tua prudenza.
— Venite, mio capitano. Nessuno verrà a disturbarci.
LA CANOA DI GIRO-BATOLLa capanna di Giro-Batol sorgeva proprio nel mezzo di quel fittissimo macchione, fra due colossali pombo i quali, coll'enorme massa delle loro fronde, la riparavano completamente dai raggi del sole.
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