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      — Orsù, capitano — disse questi, che non poteva tacere un solo istante. — Perché diventare cupo ora che stiamo per rivedere la nostra isola? Si direbbe che voi rimpiangiate Labuan.
      — Sì, la rimpiango, Giro-Batol — rispose Sandokan con voce sorda.
      — Oh! Forse che vi hanno stregato quei cani d'inglesi? Eppure, capitano, vi davano la caccia pei boschi e per le pianure, avidi del vostro sangue. Ah! Vorrei vederli domani se si saranno accorti della vostra fuga, mordersi le dita per la rabbia e vorrei udire le imprecazioni delle loro donne.
      — Delle loro donne! — esclamò Sandokan, scuotendosi.
      — Sì, poiché ci odiano forse più degli uomini.
      — Oh! Non tutte Giro-Batol!
      — Sono peggiori delle vipere, capitano, ve l'assicuro.
      — Taci, Giro-Batol, taci! Se tu ripeti quelle parole ti precipito in mare!...
      Vi era un tale accento di minaccia nella voce di Sandokan che il malese ammutolì di botto. Egli guardò a lungo il terribile uomo, che fissava sempre Labuan comprimendosi il petto con ambe le mani, come se volesse soffocare un dolore immenso, poi si ritrasse lentamente a prua mormorando:
      — Gli inglesi lo hanno stregato.
      Tutta la notte, la canoa, spinta dal vento dell'est, filò senza incontrare alcun incrociatore e comportandosi abbastanza bene, malgrado le onde che di quando in quando la investivano facendola rollare pericolosamente. Il malese, per paura che Sandokan effettuasse la minaccia, non parlava più; seduto a prua scrutava attentamente la fosca linea dell'orizzonte, per vedere se qualche nave appariva.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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