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      — Il suo comandante avrà veduto il nostro canotto.
      — È probabile. Cosa facciamo, mio capitano?
      — Lasciamolo accostare.
      — E ci prenderanno.
      — Io non sono più la Tigre della Malesia, bensì un sergente dei sipai.
      — E se qualcuno vi riconoscesse?...
      — Ben pochi hanno veduto la Tigre della Malesia. Se quella nave venisse da Labuan vi sarebbe da temere; venendo dal largo potremo ingannare il suo comandante.
      Rimase zitto per alcuni istanti, fissando attentamente il nemico, poi disse:
      — Abbiamo da fare con una cannoniera.
      — Che venga da Sarawack?
      — È probabile, Giro-Batol. Giacché si dirige su di noi aspettiamola.
      La cannoniera aveva infatti puntata la prora in direzione della canoa e accelerava la corsa per raggiungerla. Vedendola così lontana dalle coste di Labuan, forse credeva che gli uomini che la montavano fossero stati spinti così al largo da qualche colpo di vento ed accorreva per raccoglierli; forse però il suo comandante voleva accertarsi se si trattava di pirati o di naufraghi. Sandokan aveva dato ordine a Giro-Batol di riprendere i remi e di mettere la prora in direzione delle Romades, gruppo di isolette situate più al sud. Aveva ormai fatto il suo piano per ingannare il comandante.
      Mezz'ora dopo la cannoniera si trovava a poche gomene dalla canoa. Era un piccolo legno a poppa bassa, armato di un solo cannone situato sulla piattaforma posteriore e attrezzato con un solo albero.
      Il suo equipaggio non doveva superare i trenta o quaranta uomini. Il comandante, o l'ufficiale di quarto che fosse, fece manovrare in modo da passare a soli pochi metri dalla canoa, poi dato il comando d'arrestare le tambure, si curvò sul bordo gridando:


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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