— Orsù — disse Yanez, sorpreso per quel silenzio. — Parla: cosa significa il vestito che tu indossi e perché mi guardi così? Ti è accaduta qualche disgrazia?
— Disgrazia! — esclamò Sandokan con voce rauca. — Ma ignori tu adunque che dei cinquanta tigrotti che io conducevo contro Labuan, non sopravvive che il solo Giro-Batol? Non sai tu adunque che sono caduti tutti sulle coste dell'isola maledetta, sventrati dal ferro degli inglesi, che io sono caduto gravemente ferito sul ponte di un incrociatore e che i miei legni riposano in fondo al mare della Malesia?
— Battuto tu!... È impossibile! È impossibile!...
— Sì, Yanez, sono stato vinto e ferito, i miei uomini sono stati distrutti ed io ritorno mortalmente malato!...
Il pirata fece scorrere, con gesto convulso, una sedia fino al tavolo, vuotò uno dietro l'altro tre bicchieri di whisky, poi con voce rotta o animata, rauca o stridula, alternando gesti violenti e imprecazioni, narrò per filo e per segno tutto ciò che gli era accaduto, lo sbarco a Labuan, l'incontro coll'incrociatore, la pugna tremenda impegnata, l'abbordaggio, le ferita toccatagli, le sofferenze e la guarigione.
Quando però venne a parlare della «Perla di Labuan», tutta la sua ira sfumò. La sua voce poco prima rauca, strozzata pel furore, prese allora un altro tono diventando dolce, carezzevole, appassionata.
Descrisse con slancio poetico le bellezze della giovane lady, quegli occhi grandi, dolci, melanconici, azzurri come l'acqua del mare che lo avevano profondamente commosso; parlò di quei capelli lunghi, più biondi dell'oro, più sottili della seta, più profumati delle rose dei boschi; di quella voce incomparabile, angelica che aveva fatto stranamente vibrare le corde del suo cuore fino allora inaccessibile e di quelle mani che sapevano trarre dalla mandola quei suoni così soavi, così dolci che lo avevano affascinato, che lo avevano incantato.
| |
Yanez Sandokan Labuan Giro-Batol Malesia Yanez Labuan Labuan
|