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      Il giorno della pugna le tigri di Mompracem divoreranno i leopardi di Labuan
      — Sì, sì, a Labuan! A Labuan! — gridarono i pirati agitando freneticamente le armi.
      — Yanez, è tutto pronto? — chiese Sandokan.
      Yanez parve che non lo avesse udito. Era salito su quel vecchio affusto d'un cannone e guardava attentamente verso un promontorio che si prolungava assai sul mare.
      — Cosa cerchi, fratellino? — gli chiese Sandokan.
      — Vedo l'estremità d'un albero spuntare dietro quelle scogliere — rispose il portoghese.
      — Uno dei nostri prahos?
      — Quale altro legno oserebbe avvicinarsi alle nostre coste?
      — Non sono tutti rientrati i nostri velieri?
      — Tutti meno uno, quello di Pisangu, uno dei più grossi e dei meglio armati.
      — Dove l'avevi mandato?
      — Verso Labuan onde ti cercasse.
      — Sì, è il praho di Pisangu — confermò un capo banda. — Vedo però un solo albero, signor Yanez.
      — Che si sia battuto ed abbia perduto il trinchetto? — si chiese Sandokan. — Attendiamolo. Chissà!... Può recarci qualche notizia da Labuan.
      Tutti i pirati erano saliti sui bastioni per meglio osservare quel veliero che s'avanzava lentamente, seguendo il promontorio. Quand'ebbe girata la punta estrema, un grido solo sfuggì da tutti i petti:
      — Il praho di Pisangu!
      Era veramente il veliero che Yanez, tre giorni prima, aveva mandato verso Labuan onde cercasse di aver notizie della Tigre della Malesia e dei suoi prodi, ma in quale stato ritornava! Dell'albero di trinchetto non rimaneva che un troncone; quello maestro si reggeva a malapena, sostenuto da una fitta rete di sartie e di paterazzi.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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