Tuttavia, lavorando coi kriss, salendo e scendendo, saltando e scalando alberi e tronchi atterrati, tiravano innanzi cercando sempre di non allontanarsi troppo dalla costa. Verso il mezzodì, Sandokan si arrestò, dicendo al portoghese:
— Siamo vicini.
— Al fiume o alla villa?...
— Al corso d'acqua — rispose Sandokan. — Non odi questo gorgoglio che si ripercuote sotto queste fitte volte di verzura?...
— Sì — disse Yanez, dopo aver ascoltato qualche istante. — Che sia proprio il fiumicello che noi cerchiamo?
— Non posso ingannarmi. Io ho percorso questi luoghi.
— Andiamo innanzi.
Attraversarono lestamente l'ultimo lembo della grande foresta e dieci minuti dopo si trovavano dinanzi ad un piccolo corso d'acqua, il quale sboccava in una baia graziosa cinta d'alberi immensi.
Il caso li aveva condotti in quel medesimo luogo dove avevano approdato i prahas della prima spedizione. Vi si vedevano ancora le travi lasciatevi dal secondo, quando respinto dalle tremende cannonate dell'incrociatore erasi colà rifugiato per riparare le sue gravi avarie.
Sulla riva v'erano pezzi di pennoni, frammenti di murate, lembi di tela, cordami, delle palle da cannone, delle scimitarre e delle scuri infrante e dei rimasugli di attrezzi.
Sandokan gettò un cupo sguardo su quegli avanzi che gli rammentavano la sua prima sconfitta e sospirò pensando a quei prodi che erano stati distrutti dal fuoco implacabile dell'incrociatore.
— Riposano laggiù, fuori della baia, in fondo al mare — disse a Yanez con voce triste. — Poveri morti, ancora invendicati!
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Sandokan Sandokan Yanez Yanez
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