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      — Maledizione! — mormorò digrignando i denti. — Dei soldati!...
      — Oh! oh! La matassa s'imbroglia — brontolò il portoghese. — Cosa si fa?
      — Se vi sono dei soldati è segno che Marianna si trova ancora nella villa.
      — Parrebbe anche a me.
      — Attacchiamoli adunque.
      — Sei pazzo!... Vuoi farti uccidere? Noi siamo in due e loro sono forse in dieci, quindici, fors'anche in trenta.
      — Ma bisogna che io la veda! — esclamò Sandokan guardando il portoghese con due occhi che parevano quelli d'un pazzo.
      — Calmati, fratellino mio — disse Yanez afferrandolo strettamente per un braccio onde impedirgli di commettere qualche pazzia. — Calmati e forse la vedrai.
      — In qual modo?
      — Aspettiamo che faccia tardi.
      — E poi?
      — Ho il mio progetto. Sdraiati qui vicino, frena gli impeti del cuore e non avrai da pentirti.
      — Ma i soldati?
      — Per Giove! Spero che andranno a dormire.
      — Hai ragione, Yanez: aspetterò!
      Si coricarono dietro un folto cespuglio ma in modo da non perdere di vista i soldati e attesero il momento opportuno per agire.
      Passarono, due tre, quattro ore, lunghe per Sandokan come quattro secoli, poi finalmente i soldati rientrarono nella villa chiudendo fragorosamente la porta. La Tigre fece atto di slanciarsi innanzi, ma il portoghese lo trattenne rapidamente, poi trascinandolo sotto la fitta ombra d'un grandissimo pombo, gli disse, incrociando le braccia e guardandolo fisso:
      — Dimmi, Sandokan: cosa speri di fare tu questa notte?
      — Vederla.
      — E credi che sia cosa facile?... Hai trovato il modo di poterla vedere innanzi a tutto?


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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