— Se vi dico che quel sacripante non è un uomo come noi, ma un figlio di compare Belzebù.
— Io non sono di parere contrario, Varrez — riprese la prima voce con un certo tremito, che indicava come il suo proprietario avesse indosso una buona dose di paura. — Non l'ho veduto che una sola volta quell'uomo tremendo e mi è bastato. Non era un uomo, ma una vera tigre e vi dico che ha avuto il coraggio di scagliarsi contro cinquanta uomini senza che una palla potesse coglierlo.
— Tu mi fai paura, Bob — disse un altro soldato.
— E a chi non farebbe paura? — riprese colui che si chiamava Bob. — Io credo che nemmeno lord Guillonk si sentirebbe l'animo di affrontare quel figlio dell'inferno.
— Comunque sia noi cercheremo di prenderlo; è impossibile che ormai ci sfugga. Il parco è tutto circondato e se vorrà scalare la cinta vi lascerà le ossa. «Scommetterei due mesi della mia paga contro due penny che noi lo cattureremo.»
— Gli spiriti non si prendono.
— Tu sei pazzo, Bob, a crederlo un essere infernale. Forse che i marinai dell'incrociatore, che sconfissero i due prahos alla foce del fiumicello, non gli hanno cacciato una palla nel petto? Lord Guillonk che ebbe la sventura di curare la ferita, asserì che la Tigre è un uomo come noi e che dal suo corpo usciva sangue eguale al nostro.
«Ora ammetti tu che gli spiriti abbiano del sangue?»
— No.
— Allora quel pirata non è altro che un briccone molto audace, molto valoroso, ma sempre un furfante degno del capestro.
— Canaglia — mormorò Sandokan. — Se non mi trovassi qui dentro ti farei vedere chi sono io!
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