Abbiamo tesori immensi e andremo a godere una vita tranquilla in qualche opulenta città dell'estremo oriente.
— Taci! — disse Sandokan, con voce sorda. — Taci, Yanez. Tu non puoi sapere quale possa essere il destino delle tigri di Mompracem.
— Lo si può indovinare.
— Forse puoi ingannarti.
— Quali idee hai tu adunque?
— Non te le posso dire ancora. Aspettiamo gli avvenimenti. Vuoi che andiamo?
— È ancora un po' presto.
— Sono impaziente di rivedere i prahos.
— Gl'inglesi ci possono aspettare sul margine della foresta.
— Non li temo più.
— Bada, Sandokan. Tu stai per gettarti in un brutto ginepraio. Una palla di carabina bene aggiustata può mandarti all'altro mondo.
— Sarò prudente. Guarda, laggiù la foresta mi pare che si diradi un po': andiamo Yanez. La febbre mi divora.
— Facciamo come vuoi.
Il portoghese, quantunque temesse una sorpresa da parte degl'inglesi, i quali potevano essersi avanzati nel bosco, strisciando come serpenti, era del pari impaziente di sapere se i prahos erano sfuggiti alla tremenda burrasca che aveva battute le coste dell'isola.
Dissetati col succo di alcuni buà mamplam, s'aggrapparono ai rotang ed ai calamus che serravano l'albero e si calarono al suolo.
Non era però cosa facile uscire dalla foresta. Al di là di un piccolo spazio poco coperto, gli alberi tornavano più fitti di prima.
Anche Sandokan si trovava un poco smarrito e non sapeva quale direzione tenere per giungere, approssimativamente, nei pressi del fiumicello.
— Ci troviamo in un bell'impiccio, Sandokan — disse Yanez, che non era capace di vedere nemmeno il sole per orizzontarsi.
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