— Non ti eri ingannato, Sandokan — disse. — Scendiamo. Abbandonarono il ramo sul quale si erano tenuti fino allora e si calarono nel piccolo corso d'acqua.
— Si vede nulla? — chiese Sandokan.
Yanez si era curvato, cercando di distinguere qualche cosa attraverso le infinite arcate di verzura che si piegavano sul ruscello.
— Mi pare di scorgere un po' di luce là in fondo — disse.
— Che la foresta si diradi?
— È probabile, Sandokan.
— Andiamo a vedere.
Reggendosi con molta fatica in causa del fondo limaccioso del piccolo corso d'acqua, si spinsero innanzi, aggrappandosi di quando in quando ai rami che si prolungavano sulla corrente. Degli odori nauseabondi s'alzavano fra quelle acque nere, esalazioni prodotte dal corrompersi delle foglie e delle frutta accumulatesi sul letto. Vi era il pericolo di prendersi una potente febbre.
I due pirati avevano percorso un quarto di chilometro, quando Yanez s'arrestò bruscamente, aggrappandosi ad un grosso ramo che si prolungava da una parte all'altra del torrente.
— Cos'hai, Yanez? — chiese Sandokan, levando il fucile dalla spalla.
— Odi!
Il pirata si curvò innanzi ascoltando, poi, dopo qualche istante, disse:
— Qualcuno si avvicina.
Nel medesimo istante un muggito possente, che si sarebbe detto mandato da un toro spaventato o irritato, risuonò sotto le arcate di verzura, facendo tacere di colpo i cicalecci degli uccelli e le risa stridule delle piccole scimmie.
— In guardia, Yanez — disse Sandokan. — Abbiamo un maias dinanzi a noi.
— E anche un altro nemico peggiore forse dell'altro.
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