Il suo avversario era un brutto scimmione, alto circa un metro e quaranta centimetri, ma con delle braccia così smisurate da toccare i due metri e mezzo complessivamente.
La sua faccia, assai larga e rugosa, aveva un aspetto ferocissimo, specialmente con quegli occhietti infossati e mobilissimi e quel pelame rossastro che la incorniciava.
Il petto di quel quadrumane aveva uno sviluppo veramente enorme ed i muscoli delle braccia e delle gambe formavano delle vere nodosità, indizio di una forza prodigiosa.
Questi scimmioni, che gl'indigeni chiamano meias, miass e anche maias, abitano nel più folto dei boschi e preferiscono le regioni piuttosto basse e umide.
Si costruiscono dei nidi assai spaziosi sulle cime degli alberi, adoperando dei rami grossissimi che sanno disporre abilmente in forma di croce. Sono di umore piuttosto triste e non amano la compagnia. Ordinariamente evitano l'uomo e anche gli altri animali; minacciati però o irritati, diventano tremendi e quasi sempre la loro forza straordinaria trionfa sugli avversari.
Il maias, udendo il rauco brontolìo della pantera, si era arrestato di colpo. Egli si trovava sulla riva opposta del piccolo corso d'acqua, dinanzi ad un gigantesco durion, il quale lanciava il suo splendido ombrello di foglie a sessanta metri dal suolo.
Probabilmente era stato sorpreso nel momento in cui stava per dare la scalata all'albero onde saccheggiarlo delle sue numerose frutta.
Vedendo quella pericolosa vicina, dapprima si era accontentato di guardarla più con stupore che con ira, poi tutto d'un tratto aveva mandato due o tre fischi gutturali, indizio d'un prossimo scoppio di collera.
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