Pagina (206/343)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il suo pelame rossastro era diventato irto, il suo volto aveva assunto un'espressione d'inaudita ferocia ed i suoi lunghi denti, che sono così solidi da schiacciare la canna d'un fucile come un semplice bastoncino, stridevano.
      La pantera, vedendolo accostarsi, si era rannicchiata su se stessa come se si preparasse a slanciarsi, però non pareva che avesse fretta ad abbandonare il ramo. L'urang-outan con un piede si aggrappò ad una grossa radice serpeggiante al suolo, poi sporgendosi sul fiume prese con ambo le mani il ramo su cui tenevasi l'avversario e lo scosse con forza erculea facendolo scricchiolare. La scossa fu così potente che la pantera, non ostante avesse piantati nel legno i suoi acuti artigli, non potè reggere e cadde nel fiume.
      Fu però un lampo. Aveva appena toccata l'acqua che si era già slanciata nuovamente sul ramo.
      Sostò un momento, quindi si avventò a corpo perduto sulla scimmia gigante, piantandogli le unghie sulle spalle e nelle cosce.
      Il quadrumane aveva mandato un ululato di dolore. Il sangue era subito sgorgato e scorreva fra i peli gocciolando nel fiumicello.
      Soddisfatta del felice risultato di quel fulmineo attacco, la fiera cercò di staccarsi per riguadagnare il ramo prima che l'avversario tornasse alla riscossa.
      Con un capitombolo magistrale volteggiò su se stessa, servendosi del largo petto della scimmia come un punto d'appoggio e scattò indietro.
      Le due zampe s'aggrapparono al ramo cacciando le unghie nella corteccia, ma non potè però spingersi più innanzi, come ne avrebbe avuta l'intenzione.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343