— Sei soddisfatto, Sandokan del piano? — chiese il portoghese.
— Sì, fratello — rispose la Tigre della Malesia.
— Non siamo che a pochi passi dal parco, sulla via che conduce a Vittoria. Se il lord vorrà abbandonare la villa, sarà costretto a passarci a tiro di fucile.
«In meno di mezz'ora noi possiamo radunare venti uomini risoluti, decisi a tutto e in un'ora avere con noi tutto l'equipaggio del praho. Che si muova e noi gli saremo tutti addosso.»
— Sì, tutti — disse Sandokan. — Io sono pronto a tutto anche a scagliare i miei uomini contro un reggimento intero.
— Allora facciamo colazione, fratellino mio — disse Yanez, ridendo. — Questa gita mattutina m'ha aguzzato l'appetito in modo straordinario.
Avevano già divorato la colazione e stavano fumando alcune sigarette centellinando una bottiglia di whisky, quando videro entrare precipitosamente Paranoa. Il bravo malese aveva il viso alterato e pareva in preda ad una viva agitazione.
— Che cos'hai? — chiese Sandokan, alzandosi rapidamente e allungando una mano verso il fucile.
— Qualcuno si avvicina, mio capitano — diss'egli. — Ho udito il galoppo di un cavallo.
— Che qualche inglese si rechi a Vittoria?
— No, Tigre della Malesia, deve venire da Vittoria.
— È ancora lontano? — chiese Yanez.
— Lo credo.
— Vieni, Sandokan.
Presero le carabine e si slanciarono fuori dalla tenda, mentre gli uomini della scorta s'imboscavano in mezzo ai cespugli, armando precipitosamente i fucili.
Sandokan si spinse verso il sentiero e si gettò in ginocchio appoggiando un orecchio contro il suolo.
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