Egli, quantunque preparato a qualunque sorpresa, non potè frenare un grido di ammirazione dinanzi a quella splendida giovanetta.
Ella era coricata, in una posa graziosa, con un abbandono pieno di malinconia, su di una ottomana orientale dalla cui serica stoffa scaturivano sprazzi d'oro.
Con una mano si sosteneva la testolina, da cui cadevano come pioggia d'oro quegli stupendi capelli, che formavano l'ammirazione di tutti e con l'altra strappava nervosamente i fiori che le stavano vicini.
Era tetra, pallida, e i suoi occhi azzurri, ordinariamente così tranquilli, mandavano lampi che tradivano la collera mal repressa.
Vedendo Yanez avanzarsi, ella si scosse passandosi una mano sulla fronte a più riprese, come se si risvegliasse da un sonno e fissò su di lui uno sguardo acuto.
— Chi siete voi? — chiese con voce fremente. — Chi vi ha data la libertà di entrare qui?
— Il lord, milady — rispose Yanez che divorava cogli occhi quella creatura che trovava immensamente bella, più di quanto gliela aveva descritta Sandokan.
— E che volete da me?
— Una domanda prima di tutto — disse Yanez, guardandosi attorno per assicurarsi che erano proprio soli.
— Parlate.
— Credete che nessuno possa udirci?
Ella corrugò la fronte e lo guardò fisso, come se volesse leggergli nel cuore e indovinare il motivo di quella domanda.
— Siamo soli — rispose dopo.
— Ebbene, milady, io vengo da assai lontano...
— Da dove?...
— Da Mompracem!
Marianna balzò in piedi come spinta da una molla e il suo pallore scomparve per incanto.
— Da Mompracem!
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