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      «Errò parecchi anni sulle coste settentrionali del Borneo, ora inseguito come una belva feroce, ora senza viveri, in preda a miserie inenarrabili, sperando di riacquistare il perduto trono e di vendicare l'assassinata famiglia, fino a che una notte, ormai disperando di tutto e di tutti s'imbarcò su di un praho giurando guerra atroce a tutta la razza bianca, e al sultano di Varauni. Approdato a Mompracem assoldò degli uomini e si dié a corseggiare il mare.
      «Era forte, era prode, era valente ed assetato di vendetta. Devastò le coste del sultanato, assalì legni olandesi e inglesi, non accordando quartiere né tregua. Diventò il terrore dei mari, diventò la Terribile Tigre della Malesia. Voi sapete il resto.»
      — È adunque un vendicatore della sua famiglia! — esclamò Marianna che non piangeva più.
      — Sì, milady, un vendicatore che piange sovente sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle caduti sotto il ferro degli assassini, un vendicatore che mai commise azioni infami, che rispettò in ogni tempo i deboli, che risparmiò le donne e i fanciulli, che saccheggia i nemici suoi non per sete di ricchezza, ma per levare un giorno un esercito di prodi e riacquistare il perduto regno.
      — Ah! quanto bene mi fanno queste parole, Yanez — disse la giovanetta.
      — Siete decisa ora a seguire la Tigre della Malesia?
      — Sì, sono sua perché l'amo e al punto che senza di lui la vita sarebbe per me un martirio.
      — Torniamo alla palazzina adunque, milady. Dio veglierà su di noi.
      Yanez condusse la giovanetta alla palazzina e salirono nel salotto da pranzo.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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