Questi si raddrizzò con un gesto superbo e, tendendo la destra verso il legno nemico, gridò con voce minacciosa:
— Tira tira, nave maledetta! Io non ti temo! Quando tu potrai vedermi, io ti fracasserò le ruote e ti arresterò di volo.
Altri due lampi balenarono sulla prora del piroscafo, seguiti da due acute detonazioni.
Una palla andò a fracassare parte della murata di poppa a soli due passi da Sandokan, mentre l'altra portava via nettamente la testa ad un uomo che stava legando una scotta sul piccolo castello di prora. Un urlo di furore s'alzò fra l'equipaggio.
— Tigre della Malesia! Vendetta!
Sandokan si volse verso i suoi uomini, dardeggiando su di loro uno sguardo corrucciato.
— Silenzio! — tuonò. — Qui comando io.
— Il legno non ci risparmia, Sandokan — disse Yanez.
— Lascia che tiri.
— Cosa vuoi aspettare?
— L'alba.
— È una pazzia, Sandokan. Se una palla ti colpisse?
— Sono invulnerabile! — gridò la Tigre della Malesia. — Guarda: io sfido il fuoco di quel legno!
Con un balzo erasi slanciato sulla murata poppiera, aggrappandosi all'asta della bandiera.
Yanez provò un brivido di spavento.
La luna era sorta sull'orizzonte e dal ponte del legno nemico, con un buon cannocchiale, si poteva distinguere quel temerario che s'esponeva ai colpi di cannone.
— Scendi, Sandokan! — gridò Yanez. — Tu vuoi farti uccidere. Un sorriso sprezzante fu la risposta del formidabile uomo.
— Pensa a Marianna! — rispose Yanez.
— Ella sa che io non ho paura. Silenzio; ai vostri posti!
Sarebbe stato più facile arrestare il piroscafo nella sua corsa che decidere Sandokan ad abbandonare quel posto.
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