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      «Non più battaglie, non più tuonare di artiglierie, non più fumanti carcasse inabissantisi nei baratri di questo mare, non più tremendi abbordaggi!...
      «Ah!... Sento il mio cuore sanguinare, Yanez, pensando che la Tigre morrà per sempre e che questo mare e la mia stessa isola diverranno d'altri.»
      — Ed i nostri uomini?
      — Essi seguiranno l'esempio del loro capo, se lo vorranno, e daranno anche loro un addio a Mompracem — disse Sandokan con voce triste.
      — E la nostra isola dopo tanto splendore dovrà rimanere deserta come lo era prima della tua comparsa?
      — Lo diverrà.
      — Povera Mompracem!... — esclamò Yanez con profondo rammarico. — Io che l'amavo come fosse già la mia patria, la mia terra natia!...
      — Ed io credi che non l'amassi?... Credi tu che non mi si stringa il cuore pensando che forse non la rivedrò più mai e che forse più non solcherò, coi miei prahos, questo mare che io chiamavo mio?... Se io potessi piangere, vedresti quante lagrime bagnerebbero le mie gote. Orsù, così voleva il destino. Rassegnamoci, Yanez, e non pensiamo più al passato.
      — Eppure non so rassegnarmi, Sandokan. Veder sparire d'un solo colpo la nostra potenza che ci era costata immensi sacrifici, tremende battaglie e fiumi di sangue!...
      — È la fatalità che così vuole — disse Sandokan con voce sorda.
      — O meglio l'amore della fanciulla dai capelli d'oro — disse Yanez. — Senza quella donna il ruggito della Tigre della Malesia giungerebbe ancora possente fino a Labuan e farebbe tremare, per lunghi anni ancora, gli inglesi ed anche il sultano di Varauni.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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