— È vero, amico mio — disse Sandokan. — È la fanciulla che ha dato il colpo mortale a Mompracem. Se non l'avessi mai veduta, chissà per quanti anni ancora le nostre trionfanti bandiere scorrazzerebbero questo mare, ma ormai è troppo tardi per rompere le catene che ha gettato su di me.
«Se fosse stata un'altra donna, pensando alla rovina della nostra potenza, l'avrei sfuggita o ricondotta a Labuan... ma sento che spezzerei per sempre la mia esistenza, se non dovessi più mai rivederla.
«La passione che mi arde in petto è troppo gigante per soffocarla.
«Ah!... Se ella lo volesse!... Se ella non avesse in orrore il nostro mestiere e non avesse paura del sangue e del rombo delle artiglierie!... Quanto farei brillare l'astro di Mompracem accanto a lei!... Un trono potrei darglielo o qui o sulle coste del Borneo, ed invece... Orsù, si compia il nostro destino.
«Andremo a dare a Mompracem l'ultima battaglia, poi lasceremo l'isola e faremo vela...»
— Per dove, Sandokan?
— Lo ignoro, Yanez. Andremo dove ella vorrà, molto lontano da questi mari e da queste terre, tanto anzi da non udirne più mai parlare. Se dovessi rimanere vicino, non so se saprei resistere a lungo alla tentazione di tornare a Mompracem.
— Ebbene, sia; andiamo a impegnare l'ultima pugna e poi si vada pur lontani — disse Yanez con accento rassegnato. — La lotta sarà però tremenda, Sandokan. Il lord ci darà un assalto disperato.
— Troverà la tana della Tigre inespugnabile. Nessuno finora è stato tanto audace da violare le coste della mia ìsola e non le toccherà nemmeno lui.
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