Alla sera il villaggio era pronto a sostenere la lotta e presentava una cinta di fortificazioni veramente imponente.
Tre linee di bastioni, gli uni più robusti degli altri, coprivano interamente il villaggio, estendendosi in forma di semicerchio.
Palizzate e fossati ampi rendevano la scalata di quei fortini quasi impossibile. Quarantasei cannoni del calibro di 12, di 18 e alcuni da 24 collocati nel gran ridotto centrale, una mezza dozzina di mortai e sessanta spingarde difendevano la piazza, pronti a vomitare palle, granate e mitraglia sulle navi nemiche. Durante la notte Sandokan fece disalberare e vuotare di tutto ciò che contenevano i prahos, quindi li affondò nella baia onde il nemico non se ne impadronisse o li sfracellasse e mandò parecchi canotti al largo onde sorvegliare le mosse della cannoniera, ma questa non si mosse.
All'alba Sandokan, Marianna e Yanez, che da alcune ore dormivano nella grande capanna, furono bruscamente svegliati da acuti clamori.
— Il nemico! il nemico! — si gridava nel villaggio.
Si precipitarono fuori della capanna e si spinsero sull'orlo della gigantesca rupe. Il nemico era là, a sei o sette miglia dall'isola e si avanzava lentamente in ordine di battaglia. Nel vederlo, una profonda ruga solcò la fronte di Sandokan, mentre il viso di Yanez si oscurava.
— Ma è una vera flotta — mormorò questi. — Dove quei cani d'inglesi hanno raccolto tante forze?
— È una lega che quelli di Labuan mandano contro noi — disse Sandokan. — Guarda, vi sono legni inglesi, olandesi, spagnoli e perfino dei prahos di quella canaglia di sultano di Varauni, pirata quando vuole e che è geloso della mia potenza.
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