Aveva ferro per tutti, ruggiva più forte di tutti i cannoni della flotta, puniva i bravacci che venivano a sfidarlo a poche centinaia di metri dalle coste, faceva indietreggiare i più audaci che cercavano di sbarcare i soldati e per tre miglia faceva saltare le acque del mare.
Sandokan, in mezzo alle sue valorose bande, cogli occhi in fiamme, ritto dietro un grosso cannone da 24, che scatenava dalla sua fumigante gola enormi proiettili, tuonava sempre:
— Fuoco miei prodi! Spazzatemi il mare, sventratemi queste navi che vengono per rapire la nostra Regina!
La sua voce non andava perduta. I pirati, conservando un ammirabile sangue freddo fra quella fitta pioggia di palle che sbranava le palizzate, che forava i terrapieni, che sfasciava i bastioni, puntavano intrepidamente le artiglierie incoraggiandosi con clamori tremendi.
Un praho del sultano fu incendiato e fatto saltare, mentre cercava, con una insolente trovata, di approdare ai piedi della grande rupe. I suoi rottami giunsero fino alle prime palizzate del villaggio e i sette od otto uomini, scampati all'esplosione, furono fulminati da un nembo di mitraglia.
Una cannoniera spagnola, che cercava di avvicinarsi per sbarcare i suoi uomini, fu completamente disalberata e venne ad arenarsi dinanzi al villaggio essendogli scoppiata la macchina. Neppure uno dei suoi uomini si salvò.
— Venite a sbarcare! — tuonò Sandokan. — Venite a misurarvi colle tigri di Mompracem se l'osate. Voi siete fanciulli e noi giganti!
Era chiaro che finché i bastioni tenevano duro e le polveri non venivano a mancare, nessuna nave sarebbe riuscita ad avvicinarsi alle coste della terribile isola.
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Regina Sandokan Mompracem
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