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      Il legno s'inclinò su di un fianco affondando rapidamente. L'attenzione delle altre navi si rivolse a salvare i naufraghi e numerose imbarcazioni solcarono i flutti, ma ben pochi scamparono alla mitraglia dei pirati.
      In tre minuti l'incrociatore affondò trascinando seco gli uomini che ancora restavano in coperta.
      La squadra per alcuni minuti sospese il fuoco, ma poi lo riprese con maggior furia e si avanzò fino a soli quattrocento metri dall'isola. Le batterie di destra e di sinistra, oppresse dal fuoco, furono ridotte in silenzio in capo a un'ora e i pirati furono costretti a ritirarsi dietro la seconda linea dei bastioni e poi dietro alla terza che era già mezza rovinata. In piedi e ancora in buono stato, non rimaneva che il grande ridotto centrale, il meglio armato e il più robusto.
      Sandokan non si stancava di incoraggiare i suoi uomini, ma prevedeva che il momento della ritirata non era lontano.
      Mezz'ora dopo una polveriera saltava con terribile violenza sconquassando le cadenti trincee e seppellendo fra macerie dodici pirati e venti indigeni. Fu tentato un altro sforzo per arrestare la marcia del nemico, concentrando il fuoco su un altro incrociatore, ma i cannoni erano troppo pochi, molti essendo stati imbroccati o smontati.
      Alle sette e dieci minuti anche il grande ridotto franava, seppellendo parecchi uomini e le più grosse artiglierie.
      — Sandokan! — gridò Yanez precipitandosi verso il pirata, che stava puntando il suo cannone. — La posizione è perduta.
      — È vero — rispose la Tigre con voce soffocata.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





Yanez Tigre