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      — Comanda la ritirata o sarà troppo tardi.
      Sandokan lanciò uno sguardo disperato sulle rovine in mezzo alle quali soli sedici cannoni e venti spingarde ancora tuonavano e un altro sulla squadra che stava calando in mare le imbarcazioni per gli uomini da sbarco. Un praho aveva già gettata l'ancora ai piedi della grande rupe e i suoi uomini si preparavano a prendere posizione.
      La partita era irreparabilmente perduta. Fra pochi minuti gli assalitori, trenta o quaranta volte più numerosi, dovevano sbarcare per attaccare le cadenti trincee alla baionetta e distruggere gli ultimi difensori. Un ritardo di pochi momenti poteva diventare funesto e compromettere la fuga verso le coste occidentali.
      Sandokan raccolse tutte le forze per pronunciare quella parola giammai uscita dalle sue labbra e comandò la ritirata.
      Nel momento che i tigrotti della perduta Mompracem, colle lagrime agli occhi, il cuore straziato, si salvavano nei boschi e gli indigeni fuggivano in tutte le direzioni, il nemico sbarcava irrompendo furiosamente, colle baionette calate, contro le trincee dietro le quali credeva di trovare ancora il nemico. La stella di Mompracem si era estinta per sempre!
      SUL MAREI pirati ridotti a soli settanta, la maggior parte feriti ma ancora assetati di sangue, ancora pronti a riprendere la lotta, ancora anelanti di vendetta, si ritirarono guidati dai valorosi capi, la Tigre della Malesia e Yanez, miracolosamente scampati al ferro e al piombo nemico.
      Sandokan, quantunque avesse ormai perduta per sempre la sua potenza, la sua isola, il suo mare, tutto, conservava in quella ritirata una calma veramente ammirevole.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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