Infatti i due legni nemici s'avanzavano a tutto vapore, come se avessero intenzione di passare addosso ai tre piccoli velieri.
La corvetta forzava le sue macchine, eruttando nuvoloni di fumo rossastro e di scorie e si dirigeva verso il praho di Sandokan, mentre la cannoniera cercava di gettarsi contro quello comandato da Yanez.
— Nella tua cabina! — gridò Sandokan, mentre una seconda cannonata veniva sparata dalla corvetta. — Qui vi è la morte.
Afferrò fra le vigorose braccia la giovanetta e la trasportò nella cabina. In quel mentre un nembo di mitraglia spazzava la coperta del legno, scrosciando sullo scafo e contro l'alberatura. Marianna si aggrappò disperatamente a Sandokan.
— Non lasciarmi, mio valoroso — disse con voce soffocata dai singhiozzi. — Non allontanarti dal mio fianco! Ho paura, Sandokan!
Il pirata la scostò con dolce violenza.
— Non tremare per me — le disse. — Lascia che vada a combattere l'ultima battaglia, e che oda ancora il rombo delle artiglierie. Lascia che guidi ancora le tigri di Mompracem alla vittoria.
— Ho dei sinistri presentimenti, Sandokan. Lascia che io resti presso di te. Ti difenderò contro le armi dei miei compatrioti.
— Basterò io a ricacciare in mare i miei nemici.
Il cannone tuonava allora furiosamente sul mare. Sul ponte si udivano le urla selvagge delle tigri di Mompracem ed i gemiti dei primi feriti.
Sandokan si svincolò dalle braccia della giovanetta e si precipitò sulla scala urlando:
— Avanti miei prodi! La Tigre della Malesia è con voi!
La battaglia infuriava da ambo le parti.
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