Penso che noi non possediamo nemmeno un kriss.
— Non ci sarà necessario.
— E che siamo incatenati.
— Incatenati! — esclamò Sandokan. — La Tigre della Malesia può spezzare i ferri che la tengono prigioniera. A me mie forze!... Guarda!...
Torse con furore gli anelli, poi con uno strappo irresistibile li aperse e gettò lontano da sé la catena.
— Ecco la Tigre libera!... — gridò.
Quasi nel medesimo istante il boccaporto di poppa si alzò e la scala scricchiolò sotto il passo di alcuni uomini.
— Eccoli!... — esclamò il dayako.
— Ora li mando tutti!... — urlò Sandokan, che era stato preso da un tremendo accesso di furore.
Vedendo al suolo una manovella spezzata, la prese e fece atto di scagliarsi verso la scala. Il dayako fu pronto ad arrestarlo.
— Volete farvi uccidere, capitano? — gli disse. — Pensate che sul ponte ci sono altri duecento uomini e armati.
— È vero — rispose Sandokan; gettando lungi da sé la manovella. — La Tigre è domata!...
Tre uomini si avanzarono verso di loro. Uno era un tenente di vascello, probabilmente il comandante della corvetta; gli altri due erano marinai.
Ad un cenno del loro capo, i due ultimi innestarono la baionetta e puntarono le loro carabine verso i due pirati.
Un sorriso sdegnoso comparve sulle labbra della Tigre della Malesia.
— Avete paura forse? — chiese egli. — O siete sceso, signor tenente, per prestarmi quei due uomini armati?... Vi avverto che i loro fucili non mi fanno tremare, potevate quindi fare a meno di un così grottesco spettacolo,
— So che la Tigre della Malesia non ha paura — rispose il tenente.
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