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      — Vi credo.
      — Avrei fatto meglio ad affondare il mio praho in alto mare. Almeno sarei sceso negli abissi marini abbracciato alla mia fidanzata.
      — E dove andavate quando i nostri legni vi assalirono?
      — Lontano, assai lontano, forse in India o in qualche isola del grande oceano. Orsù, è finita. Si compia il mio destino.
      — Addio, Tigre della Malesia — disse il tenente.
      — Tengo la vostra promessa.
      — Fra poche ore rivedrete lady Marianna.
      Il tenente chiamò i soldati che avevano liberato dalle catene Juioko e risalì lentamente in coperta. Sandokan rimase lì a guardarlo, colle braccia incrociate e uno strano sorriso sulle labbra.
      — Vi ha recato buone nuove? — chiese Juioko avvicinandosi.
      — Questa notte noi saremo liberi — rispose Sandokan.
      — Ma se la fuga riuscisse vana?
      — Allora apriremo i fianchi di questo vascello e morremmo tutti; noi, ma anche loro. Speriamo però; Marianna ci aiuterà.
      LA FUGAPartito il tenente, Sandokan si era seduto sull'ultimo gradino della scala, colla testa stretta fra le mani, immergendosi in profondi pensieri.
      Un dolore immenso traspariva dai suoi lineamenti. Se fosse stato capace di piangere, non poche lagrime avrebbero bagnate le sue gote.
      Juioko si era accoccolato a breve distanza, guardando con ansietà il suo capo. Vedendolo assorto nei suoi pensieri, non aveva più osato interrogarlo sui suoi futuri progetti.
      Erano trascorsi quindici o venti minuti, quando il boccaporto tornò ad alzarsi. Sandokan vedendo entrare uno sprazzo di luce, si era precipitosamente alzato guardando verso la scala.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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