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      Una donna scendeva rapidamente. Era la giovane dai capelli d'oro, pallida, anzi livida e lagrimante.
      Il tenente l'accompagnava, tenendo però la destra sul calcio d'una pistola che aveva messa nella cintura.
      Sandokan era scattato in piedi, mandando un urlo e si era slanciato verso la fidanzata stringendosela forsennatamente al petto.
      — Amor mio — esclamò traendola dalla parte opposta della stiva, mentre il comandante si sedeva a mezza scala colle braccia incrociate e la fronte abbuiata.
      — Finalmente ti rivedo!
      — Sandokan — mormorò ella scoppiando in singhiozzi. — Credevo di non rivederti più mai!...
      — Coraggio, Marianna, non piangere, crudele, tergi queste lagrime che mi straziano.
      — Ho il cuore infranto, mio prode amico. Ah, non voglio che tu muoia, non voglio che ti separino da me! Io ti difenderò contro tutti, io ti libererò, io voglio che tu sia ancor mio.
      — Tuo!... — esclamò egli emettendo un profondo sospiro. — Sì ritornerò tuo, ma quando?
      — Perché quando?
      — Ma non sai, sventurata fanciulla, che mi portano a Labuan per uccidermi?
      — Ma io ti salverò.
      — Tu, sì, forse se mi aiuterai.
      — Hai un progetto adunque! — esclamò ella delirante per la gioia.
      — Sì, se Iddio mi protegge. Ascoltami, amor mio.
      Lanciò uno sguardo sospettoso sul tenente che non si era mosso dal suo posto, poi traendo la giovanetta più lontana che era possibile, le disse:
      — Progetto una fuga e ho speranza di riuscire, ma tu non potrai venire con me.
      — Perché, Sandokan? Dubiti che io non sia capace di seguirti? Temi forse che mi manchi il coraggio per affrontare i pericoli?


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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