— Ah! Sandokan! — esclamò Marianna, con accento straziante.
Volle slanciarsi verso di lui, ma le forze le vennero meno e cadde fra le braccia del tenente che si era avvicinato.
— Partite! — gridò la Tigre della Malesia, volgendosi altrove e celandosi il viso. Quando si rivolse il boccaporto era stato già abbassato.
— Tutto è finito! — esclamò con voce triste. — Non mi rimane che di addormentarmi sulle onde del mar Malese. Possa un giorno rivedere felice colei che tanto amo!...
Si lasciò cadere ai piedi della scala col viso fra le mani e rimase così quasi un'ora. Juioko lo strappò da quella muta disperazione.
— Capitano — disse. — Coraggio, non disperiamo ancora. Sandokan si alzò con un gesto energico.
— Fuggiamo.
— Non domando di meglio.
Estrasse la scatoletta e levò due pillole porgendone una al dayako.
— Bisogna inghiottirla al mio segnale — disse.
— Sono pronto.
Estrasse l'orologio e guardò.
— Sono le sette meno due minuti — riprese Sandokan. — Fra sei ore noi torneremo in vita sul libero mare.
Chiuse gli occhi e inghiottì la pillola mentre Juioko lo imitava. Tosto si videro quei due uomini contorcersi come sotto un violento e improvviso spasimo, quindi stramazzare al suolo emettendo due acute urla.
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Quelle grida, malgrado lo sbuffare della macchina e il fragore delle onde sollevate dalle possenti ruote, furono udite in coperta da tutti e anche da Marianna che già le attendeva in preda a mille ansie.
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