I due nuotatori, per non consumare le loro forze cotanto preziose in quel terribile frangente, procedevano lentamente a breve distanza l'uno dall'altro, cercando con avidità sull'oscura superficie una vela.
Di quando in quando Sandokan si arrestava per volgersi verso oriente come se cercasse di scorgere ancora i fanali del piroscafo, poi proseguiva la via emettendo dei profondi sospiri. Avevano già percorso un buon miglio e già cominciavano a sbarazzarsi delle vesti per essere più liberi nei movimenti, quando Juioko urtò in un oggetto che cedette.
— Un pescecane! — esclamò egli rabbrividendo e levando il pugnale.
— Dove? — chiese Sandokan.
— Ma... no, non è uno squalo! — riprese il dayako. — Mi sembra un gavitello.
— E un salvagente gettato da Marianna! — esclamò Sandokan. — Ah! divina fanciulla!...
— Speriamo che non sia solo.
— Cerchiamo, amico mio.
Si misero a nuotare all'ingiro cercando dovunque, e riuscirono, dopo pochi minuti, a trovare l'altro che non erasi troppo allontanato dal primo.
— Ecco una fortuna che non mi aspettavo — disse Juioko, con tono allegro.
— Dove ci dirigeremo ora?
— La corvetta veniva dal nord-ovest, credo dunque che sarà in quella direzione che potremo trovare Yanez.
— Lo incontreremo poi?
— Lo spero — rispose Sandokan.
— Ci saranno però necessarie parecchie ore. Il vento è debole ed il praho del signor Yanez non deve camminare molto.
— Cosa importa? Pur di trovarlo, rimarrei in acqua anche ventiquattro ore — disse Sandokan.
— E non pensate ai pescicani, capitano?
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