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      Il pericolo non era però ancora cessato, anzi, la zigaena, pur continuando a giuocherellare, non li perdeva di vista. Con un colpo di coda si slanciava di frequente più di mezza fuori dall'acqua per assicurarsi della loro direzione, poi con poche guizzate guadagnava la via perduta, tenendosi sempre a distanza di cinquanta o sessanta metri. Probabilmente voleva attendere il momento propizio per ritentare l'attacco.
      Infatti poco dopo Juioko, che si trovava un po' indietro, vide lo squalo avanzarsi rumorosamente, scuotendo la sua testa e avventando poderosi colpi di coda. Esso descrisse intorno ai due nuotatori un grande cerchio, poi cominciò a volteggiare ora sotto ed ora a fior d'acqua, tendendo a restringere sempre più i suoi giri.
      — Badate, capitano! — gridò Juioko.
      — Sono pronto a riceverlo — disse Sandokan.
      — Ed io ad aiutarvi.
      — Ti è passata la paura?
      — Comincio a sperarlo.
      — Non abbandonare il gavitello prima che io ne dia il segnale. Cerchiamo intanto di forzare il cerchio.
      Colla sinistra stretta attorno al salvagente e la dritta armata del pugnale, i due pirati si misero a battere in ritirata, volgendo sempre la faccia allo squalo. Questi non li abbandonava, anzi continuava a stringerli da vicino, sollevando, con la possente coda, vere ondate e mostrando i suoi acuti denti i quali biancheggiavano sinistramente fra l'oscurità.
      Ad un tratto fece un balzo gigantesco uscendo quasi tutto dall'acqua e si precipitò addosso a Sandokan che gli stava più vicino.
      La Tigre della Malesia, abbandonato il gavitello, fu pronta ad immergersi, mentre Juioko, reso audace dell'imminenza del pericolo, si scagliava innanzi col pugnale alzato.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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