— Silenzio, sorellina mia — disse Yanez, che imbavagliava e legava il povero comandante. — Se l'ho ammazzato, Dio mi perdonerà.
— E Sandokan dov'è?
— È pronto a cominciare la pugna. Aiutatemi a barricarci, sorellina.
Prese un pesante armadio e lo spinse verso la porta, accumulandovi poi dietro casse, scaffali e tavoli.
— Ma cosa sta per succedere? — chiese Marianna.
— Lo saprete subito, sorellina — rispose Yanez traendo la scimitarra e le pistole. Si affacciò al finestrino ed emise un fischio acuto.
— Attenzione sorellina — disse poi mettendosi dietro la porta colle pistole in pugno.
In quell'istante urla terribili scoppiarono sul ponte.
— Sangue!... Sangue!... Viva la Tigre della Malesia!...
Tennero dietro colpi di fucile e di pistola, poi urla indescrivibili, bestemmie, invocazioni, gemiti, lamenti, un cozzar furioso di ferri, un calpestio, un accorrere e un rumore sordo di corpi che cadevano.
— Yanez! — gridò Marianna che era diventata pallida come una morta.
— Coraggio, tuoni di Dio! — vociò il portoghese. — Viva la Tigre della Malesia!...
Si udirono dei passi precipitosi scendere le scale e alcune voci che chiamavano:
— Capitano!... Capitano!...
Yanez si appoggiò contro la barricata, mentre Marianna faceva altrettanto.
— Per mille boccaporti!... Aprite capitano! — gridò una voce.
— Viva la Tigre della Malesia!... — tuonò Yanez.
Al di fuori si udirono imprecazioni e urla di furore, poi un colpo violento scosse la porta.
— Yanez! — esclamò la giovanetta.
— Non temere — rispose il portoghese.
Altri tre colpi sgangherarono l'uscio e una larga fessura fu aperta da un colpo di scure.
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