Ma dacchè Ciro nell'Asia, gli Spartani ed Ateniesi fra' Greci, cominciarono a soggiogare città e nazioni, a ritrarre cagioni di guerra dall'ambizione d'impero, ed a riporre nel massimo dominio la massima gloria; i pericoli e le vicende mostrarono che più del brando poteva in guerra la mente. Che se i Re e capitani vincitori la stessa virtù nella pace che nella guerra serbassero, più ordinate e stabili le umane cose riuscirebbero; nè tuttora gl'imperj vedrebbersi e vicende e stato e signore cangiare. Le virtù che dan regno, facilmente il mantengono. Ma, se all'attività la inerzia, se alla moderatezza ed equità l'arbitrio e la prepotenza sottentrano, mutasi con i costumi la sorte: che sempre dal men buono al migliore si trasferisce il dominio. Campi, mari, città, ogni cosa al valore obbedisce. Molti uomini pure infingardi, golosi, ignoranti, ed incolti, a guisa di pellegrini pel mondo trapassano: a costoro, attendendo essi contro natura al corpo soltanto, l'anima un inutile incarco riesce. E la lor vita e la lor morte io reputo eguali del tutto, poichè d'entrambe si tace. Quegli dunque a me sembra aver anima e vita, che nelle illustri imprese, nelle utili arti, fama ricerca. Ma, ne son molte le vie, e Natura a ciascuno diverse le addita.
III.
Bello il giovar ben oprando alla patria; bello altresì il ben dire: in pace, come in guerra, fama si acquista: e lode ottenne chi oprava, e chi gli altrui fatti scriveva. Ma, benchè questi a quelli non si pareggino nella gloria, difficilissimo pure io reputo lo scrivere istorie; sia perchè non voglion esser parole minori dei fatti; sia perchè lo scrittore il mal oprar biasimando, tacciato vien egli d'invidioso e maligno; narrando poi le virtù grandi e le glorie dei buoni, ove la comune capacità non soverchino, credute son elle, ed il lettor non offendono; ove l'avanzino, le reputa favole.
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