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      Io, giovinetto ancora e bramoso, mi trovai, come i più, trasportato nei pubblici affari; ed ivi contrarietà provava non poche; signoreggiandovi, non modestia parsimonia e virtù, ma prodigalità cupidigia ed audacia. L'animo mio, non per anche corrotto, questi e molti altri rei costumi sdegnava; ma trovandosi pure la mia debile età dall'ambizione degli onori allacciata, a par degli altri era io e della fama smanioso, e della invidia bersaglio.
     
     
      IV.
     
      Ma, dopo molte angustie e pericoli, al fine in calma rientrato, e fermo di vivermi in pace lontano da ogni pubblico affare, non volli accidiosamente consumare un ozio prezioso, all'agricoltura, alle cacce, o ai domestici uffizj badando; ma ritornato ai già intrapresi studj, da cui mi aveva la stolta ambizione rimosso, ristrettamente mi prefissi di scrivere quelle Romane cose, che degne di memoria mi parvero: tanto più, che nè speranza, nè timore, nè amore di parte, non m'ingombra vano l'animo. Io dunque ora narrerò la congiura di Catilina, quanto più veracemente e breve potrò: cosa, ch'io, per la novità del delitto e del pericolo, memorabilissima reputo. Ma prima di tutto io debbo di codest'uomo i costumi accennare.
     
     
      V.
     
      Lucio Catilina, di nobil prosapia, d'animo e di complessione fortissimo, ma di prava e malefica indole, fin dai primi suoi anni le intestine guerre, le rapine, le stragi, e la civil discordia anelando, fra esse cresceva. Digiuni, veglie, rigor di stagioni, oltre ogni credere sopportava: di audace ingannevole e versatile ingegno: d'ogni finzione e dissimulazione maestro: cupido dell'altrui; prodigo del suo; nei desiderj bollente; più eloquente assai che assennato.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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