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      Quegli uomini stessi, che fatiche, pericoli, dubbj e difficili eventi lievemente avean sopportato, all'ozio e alle ricchezze di loro indegne non ressero. Crebbe da prima l'avidità d'arricchire, poi di signoreggiare: e da queste, ogni danno. Dall'avarizia corrompeansi la fede, la probità, ed ogni altra virtù; cui sottentravano superbia, crudeltà, venalità, irreligione. Dall'ambizione la sincerità si annullava; altro s'ebbe nel petto, altro su i labri; amicizie ed inimicizie non le contrasse l'onesto, ma l'utile; a bontà si compose, più il volto che il cuore. Crescevano a poco a poco tai pesti, di tempo in tempo dalle leggi frenate: quando poi fu universale il contagio, nella mutata città, di giustissimo ed ottimo ch'era il governo, crudele ed intollerabile diveniva.
     
     
      XI.
     
      Ma, più che l'avarizia, vi potea da prima l'ambizione: vizio, che di virtù l'apparenza almeno mantiene. Il buono e l'inetto del pari desiderano e gloria, ed onori, e comando; ma quegli per la retta via, questi, delle vere arti sprovvisto, con frode ed inganni oltre si spinge. Scopo dell'avarizia è il danaro; cui niuno savio desidera: questa, quasi veleno ogni corpo ed animo virile ammollisce; immensa, insaziabile sempre, nè l'acquistare, nè il perdere la minorano. Ricuperata appena da Silla con l'armi la repubblica, a buoni principj seguirono pessimi effetti: ciascuno rapire, tirare a se; questi desiderar l'altrui casa, quegli le ville; tutti, senza nè vergogna nè modo, con crudeltà e abominazioni usar la vittoria nei loro concittadini.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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