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      Aggiungevasi a tanti mali l'esercito capitanato già in Asia da Silla, e da lui, contro l'antica disciplina, con doni e licenza corrotto, per farselo fido. Gli ameni e voluttuosi soggiorni aveano la ferocia di que' soldati effeminata nell'ozio. Quivi per la prima volta avvezzavasi il Romano esercito agli amori, ai banchetti, alle statue pitture e vasi preziosi; cui poi celatamente e apertamente predavano, i templi spogliando, ed ogni sacra e profana cosa contaminando. Cotali soldati, vincitor divenuti, nulla lasciarono ai vinti. E come mai nella prosperità, che i savj stessi a stento sopportano, poteano quei corrottissimi moderatamente adoprar la vittoria?
     
     
      XII.
     
      Così dunque salite in onor le ricchezze, e procacciando esse gloria potenza ed impero, s'intorpidì la virtù; la povertà riputata venne ignominia; la innocenza, rimprovero. Quindi e lusso e cupidigia e superbia invasero i giovani, che al rapire; allo scialacquare si diedero; al non curare le proprie, all'invidiare le altrui facoltà; sfrenatamente la vergogna la pudicizia le umane e le divine leggi sprezzando. Erano a vedersi i palagj e le ville dai privati innalzate a guisa di città, a paragone dei templi da' nostri religiosissimi avi eretti agli Dei. Decoravano quegli antichi i lor santuarj colla pietà, colla lor gloria le case: nè altro, che il poter nuocere, ai vinti toglievano. Questi, all'incontro, inettissimi uomini, scelleratamente agli alleati rapiscono le cose stesse che i fortissimi loro maggiori ai nemici lasciavano: quasi che l'oltraggiar fosse reggere.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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