Alla pudicizia e all'onore anteponeva ogni cosa; se del danaro più prodiga o della fama foss'ella, difficile a dirsi: libidinosa, pur tanto, che soleva, più spesso che richiesta, richiedere. Tradita da lei già spesse volte la fede; negato con ispergiuri il deposito; negli assassinj frammistasi; dall'indigenza e dal lusso agli estremi ridotta. Ma di non mediocre ingegno dotata, e motteggiare e verseggiare sapea; e il sermone, or modesto or provocante ed or tenero, con piacevolezza e garbo sommo condire.
XXVI.
Di simili fautori munito, Catilina ardiva pur chiedere il prossimo Consolato; sperando, se eletto veniva, di governar egli Antonio a sua posta. Quindi, irrequieto pur sempre, incessanti insidie a Cicerone tendeva: cui non mancavano però stratagemmi ed astuzie a schermirsi. Già nell'entrare egli Console, con molte promesse guadagnatasi Fulvia, costei per mezzo del poc'anzi mentovato Curio, svelavagli di Catilina ogni passo: e accordando egli al collega Antonio la scelta della provincia, alquanto più favorevole alla repubblica fatto lo aveva. Inoltre, Cicerone in propria difesa occultamente dintorno teneasi molti clienti ed amici. Vennero i Comizj, e non riuscirono a Catilina nè la domanda, nè le insidie nel Campo Marzo tese ai Consoli. Perciò, tornatigli a danno e vergogna gli occulti mezzi, per tentare gli estremi partiti, alla guerra appigliossi.
XXVII.
Egli dunque invia Cajo Manlio a Fiesole e in quella parte di Etruria, Settimio Camerte ne' Piceni, Cajo Giulio nella Puglia, ed altri altrove, secondo che adatti li reputa.
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