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      Infelicissimo in que' giorni mi parve lo stato di Roma; che mentre l'intero mondo alle di lei armi soggiogato obbediva; mentre le ricchezze e l'ozio, sovrani Numi degli uomini, al di dentro abbondavano, trovavasi pure nel seno alcuni cittadini cotanto ostinati e perversi, che rovinare in un con se stessi volevano la repubblica. E tanto, e sė fiero, e sė universale contagio aveva il pių dei Romani ammorbato, che nč pel primo decreto del Senato erasi fra tanti congiurati trovato chi indotto dal premio tradisseli; nč, pel secondo, persona alcuna abbandonate aveva le bandiere di Catilina.
     
     
      XXXVII.
     
      Nč i soli congiurati insanivano, ma la plebe intera che vaga di nuove cose a Catilina applaudiva: e tale č l'indole sua; perchč sempre nella repubblica chi non ha nulla, suole i buoni invidiare, promovere i tristi, odiar gli usi antichi, nei nuovi sperare, e in odio del presente ogni qualunque altro stato bramare: potendo l'indigente nei torbidi e nei tumulti, acquistare bensė, ma non perdere mai. Erasi la romana plebe a tale ridotta, per molte strade. Da prima, ogni sfrenato ed infame, che nel vasto impero si fosse sovra gli altri distinto; ogni uomo di onestā perduto e di beni; e quanti per scelleraggini e ribalderie fuorusciti trovavansi; costoro tutti entro Roma, quasi d'ogni bruttura ricevitrice, affluivano. Molti altri poi, memori delle vittorie di Silla, vedendo dei di lui soldati quale esser fatto Senatore, qual altro sė ricco che da Re si trattava, ciascuno una simil fortuna nell'armi e nella vittoria speravasi.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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