Cetego poi per via d'emissarj incoraggiva la famiglia e i liberti suoi, gente scelta e addestrata a violenze, a stringersi insieme ed aprirsi al di lui carcere strada con l'armi. Seppelo il Console, e disposti i presidj, come la cosa e il tempo richiedeano, domanda all'adunato Senato, qual esser debba il destino dei prigionieri. I Padri poc'anzi gli aveano a pluralitā giudicati nemici della repubblica. Decio Giunio Silano, Console eletto, interpellato allora del parer suo, primo rispose; doversi punir di morte, non solo i di giā carcerati, ma anche Lucio Cassio, Publio Furio, Publio Umbreno, e Quinto Annio, potendoli aver nelle mani. Ma Silano, mosso dappoi dall'orazione di Cesare, disse che aderirebbe al parere di Tiberio Nerone, di afforzar le lor guardie e di esaminar meglio la cosa. Toccato a Cesare il dire, richiesto dal Console, in questa sentenza parlō.
LI.
A chi dee le incerte cose giudicare conviensi, o Padri Coscritti, non meno d'amore e di pietā scevro essere, che d'odio e di sdegno. Facil cosa non č, ostando tali passioni, il discernere il vero: nč alcuno mai ad un un tempo stesso serviva alle sue voglie ed al retto. Nč val senno umano, se non quanto dalle passioni disciolto, ad esse comanda. Lungo sarebbe, o Padri Coscritti, a narrarvi quanti Re, quanti popoli dall'ira o dalla pietade sospinti, sconsigliatamente operassero: giovami bensė rammentare, qual argine i maggiori nostri alle passioni dell'animo opponessero. Nella guerra Macedonica contra Perseo, Rodi, cittā grande e magnifica, e pe' Romani ajuti cresciuta in potenza, fu nondimeno ai Romani infedele e nemica.
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