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      Un tale esempio mi par di gran peso, o Padri Coscritti, per distoglierci da ogni nuovo consiglio. E virtù e saviezza erano per certo maggiori in chi da sì tenui principj così sterminato imperio creava, che non in noi i quali a gran pena i loro gloriosi acquisti serbiamo. Dico io forse con questo, che i congiurati si sciolgano, e che così a Catilina si accresca l'esercito? certo, no: ma, che si confischino i loro beni; che inceppati si custodiscano nelle migliori fortezze d'Italia; che nessuno ardisca in Senato o nel Foro nomarli; e chi ne parlasse, dichiarato sia reo di lesa repubblica: quest'è il parer mio."
     
     
      LII.
     
      Taciutosi Cesare, i Senatori in gran parte, chi interamente chi con qualche divario, al di lui parere accostavansi; allorchè, richiesto Catone, con la seguente orazione rispose. "Io di gran lunga dissento, o Padri Coscritti, qualora in se stessa la cosa considero, l'universal pericolo, ed il parer di taluni. Ragionato hanno, parmi, della pena dovuta a chi l'armi contra la patria i parenti ed i Penati rivolge: mentre opportuno era, che ad ovviare tai delitti pensassero, più che a punirli. Ogni altra scelleratezza, commessa castigasi; a questa, non antiveduta, son tarde le leggi. Perduta la città, nulla rimane a perdere ai vinti. Ma, voi principalmente, voi ora per gl'immortali Iddii ne appello; voi, che i palagj le ville le statue e pitture vostre alla repubblica finora anteponeste d'assai; se, quali sian elle tai cose che voi signoreggiano, ritenerle pure vi preme; se fra le voluttà di viver tranquilli vi aggrada; risvegliatevi al fine una volta, e con voi stessi ad un tempo la repubblica difendete.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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