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      l'esercito il capitano nemico sovrastavi; e voi temporeggiando tuttavia dubitate, quel ch'abbiasi a far dei nemici infra le mura vostre gią presi? Perdonate pur lor, vel consiglio: infelici giovanetti, per sola ambizione peccavano: rilasciateli anzi con l'armi. Purchč questa vostra dolcezza e pietą, ripigliando essi l'armi, a danno vostro non torni! Pericolosa č l'urgenza; ma voi non temete pericoli. Moltissimo anzi voi li temete; ma, trascurati ed imbelli, l'un l'altro aspettando, indugiate; forse negli immortali Dei affidandovi, che gią altre volte in maggiori necessitą ebber salva questa repubblica. Ma non i voti, no, nč le femminili preghiere, impetrano dei Numi l'ajuto: vegliando bensģ, operando, e ben provvedendo, si prospera. I negligenti e dappoco, invano invocan gli Dei, con essi sempre sdegnati e nemici. Aulo Manlio Torquato nella guerra Gallica condannņ a morte il proprio figliuolo, per aver contro l'ordine datogli combattuto e sconfitto il nemico. Pagņ quell'eccellente giovane il suo smoderato coraggio con la propria vita. Ed ora, qual pena si debba a crudelissimi parricidi, voi non fermate per anco? Ed in fatti, la passata lor vita dalle presenti scelleratezze discorda. La dignitą vi trattenga di quel Lentulo stesso, cui nč pudore nč propria fama trattennero, nč uomini finora, ne Dei: trattengavi la giovinezza di Cetego, che gią un'altra volta contro la patria l'armi portava. Di Gabinio, Statilio, e Cepario, non parlo: che se ritegno alcuno conosciuto s'avessero, congiurato mai non avrebbero.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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