E queste cose tutte fra me rivolgendo, io per certo teneva la sola egregia virtù di alcuni sommi cittadini aver data la vittoria ai pochi su i molti, ai poveri su i doviziosi. Corrotta poi Roma dal lusso, e dalla infingardaggine, non ostante i vizj de' magistrati e de' capitani, per la immensa mole sua la repubblica stava: ma, quasi di sublimi parti spossata, non produceva più allora grand'uomini. Con tutto ciò, a memoria mia due ve n'ebbe di gran vaglia, e d'indole dissimili assai; Marco Catone, e Cajo Cesare; d'ambo i quali, opportuno qui essendo, m'è avviso ritrarre, per quanto il saprò, la natura e i costumi.
LIV.
Per nobiltà dunque, per eloquenza, ed età, ma più per altezza d'animo e per acquistata gloria, benchè diversi costoro, eran pari. Cesare, pe' suoi beneficj e munificenze, tenuto era grande; per la incorrotta vita, Catone. A quello la pietà e la dolcezza acquistavano fama; a questo l'esser severo accrescea maestà: l'uno, col dare, soccorrere, e perdonare; l'altro, col nulla concedere, conseguito egual gloria si aveano. Cesare, degli infelici rifugio; de' rei flagello, Catone: del primo la facilità, del secondo la fermezza laudavasi. Voleva Cesare, affaticarsi, vegliare, sacrificar se stesso agli amici, nè cosa mai di rilievo negare: ampia autorità, grand'esercito, nuove guerre ei bramava; campo al suo chiaro valore. Catone, grave e modesto, ma rigidissimo; non egli di ricco fra i ricchi, non tra' faziosi di fazioso al vanto aspirava; ma di coraggioso tra i forti, di verecondo tra i modesti, d'incorruttibile tra gl'incorrotti.
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