Invitto nel campo, assennato in consiglio, due difficilissimi pregj in se stesso accoppiava: nè, perchè i rischj prevedesse, temevali; nè, perchè affrontarli sapesse, temerario sfidavali. Scipione perciò ad ogni più ardua impresa valevasi di Giugurta; e ogni dì più per amico tenevalo, non lo vedendo mai, nè col senno nè colla mano, a vuoto operare. Giugurta inoltre, magnifico, destro, ed accorto, guadagnati si era i più de' Romani.
VIII.
Abbondava in que' tempi nell'esercito nostro una gente, che o nobile o nuova foss'ella, più assai le ricchezze apprezzava che l'onestà: torbida al di dentro e potente; appo gli alleati, famosa più che stimata. Accendevano costoro Giugurta, già per natura non umile, promettendogli; che mancando Micipsa, a lui solo toccherebbe la Numidia al di lui valore dovuta, e dai Romani vendibile, come ogni altra lor cosa. Ma, distrutta Numanzia, Scipione risoluto di ripassare in Italia, nel congedare gli ajuti, in pubblico con magnifiche parole laudava Giugurta; poscia in disparte ammonivalo, che apertamente piuttosto si guadagnasse i Romani, che non per occulti mezzi; poco fidasse nella gente da lui comprata, mal si potendo vender dai pochi ciò che era dei molti; appagassesi delle proprie virtù, e gloria e regno aspettasse da esse: altrimenti, pel troppo affrettarsi, precipiterebbe con i suoi doni se stesso.
IX.
Così favellatogli, accomiatollo con lettera per Micipsa, il cui tenore era questo. "Il tuo Giugurta nella guerra di Numanzia prodigioso valor dispiegava: il che ti sarà certamente gratissimo.
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