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      Egli, pe' suoi servigj m'è caro; sarà cura mia, che tale pure ei riesca al Popolo e Senato Romano. Teco pell'antica nostra amistà mi congratulo di un nipote così degno di te, e dell'avo suo Massinissa." Accertato dunque il Re dalla lettera di Scipione, che la fama dicea vero, e vincendolo oramai la virtù del nipote e il favor di un tant'uomo, si arrese. Onde, per emendare coi benefizj le persecuzioni, adottò egli Giugurta, e parimente co' proprj suoi figli erede chiamollo del regno. Quindi a pochi anni, estenuato per malattie e vecchiaja, Micipsa vedendo appressarsi la morte, presenti gli amici, i parenti, e i figliuoli, dicesi che a Giugurta così favellasse.
     
     
      X.
     
      Io te fanciullo, o Giugurta, te orfano, senza facoltà senza speranze, raccolsi, mettendoti a parte del regno: stimai con tal beneficio appo te meritare, come se vero padre ti fossi. Nè m'ingannai; poichè ogni altra tua chiarissima impresa tralasciando, nella Numantina guerra pur dianzi finita, me e il mio regno colmasti di gloria; ai Romani, che già c'erano amici, col tuo senno e valore ci rendesti amicissimi; lo splendor prisco del nome nostro risorgere nelle Spagne facevi; e, ciò che più raro dagli uomini ottiensi, con la tua gloria soggiogavi la invidia. Io, per legge inevitabile di natura, mi muojo: per questa destra dunque, e per la sacra carona, te prego e scongiuro, che cari tu abbi costoro, a te di sangue congiunti, e per adozione fratelli; e che fra stranieri cercarti gli amici non vogli, anzichè questi, a te per sangue già tali, serbare.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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