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      I Re tutti, o sconfitti, e quindi da voi in alleanza ricevuti, ovvero nel seggio loro vacillanti, a voi come ad amici si appoggiano. Gli avi miei nella Punica guerra si collegarono con Roma, di cui più allora la fede che non la potenza apprezzavasi. Non vogliate, o Padri Coscritti, che io prole di Massinissa invano l'ajuto vostro ne implori. Quand'anche ad impetrarlo niun altro diritto mi avessi, che la mia compassionevole fortuna, per cui rapidamente, di nobile illustre e possente Re, squallido infelice bisognoso e mendico son fatto; sarebbe degno pur sempre della maestà del Romano popolo il vendicar le mie ingiurie, e non tollerare che ad altri per via di scelleratezze il regno si addoppj. Ma espulso or son io da quegli stessi confini che il popolo Romano già prescriveva a' miei antenati; da quelli, donde il padre e l'avolo mio uniti già co' Romani espulsavano un giorno e Siface e Cartagine. Quant'or mi vien tolto, era già dono vostro; e nell'ingiuria mia, o Padri Coscritti, gli offesi siete pur voi. Ahi misero me! misero mio genitore! ove mai riuscivano i tuoi benefizj verso Giugurta? Quegli, che tu qual proprio figlio tuo con i tuoi figli educavi; quegli, che a parte del regno ammettevi; della tua stirpe ora quegli è l'acerbissimo distruggitore. Oh misera prosapia la nostra! sempre a noi dunque negata la pace? tra 'l sangue sempre, tra 'l ferro e gli esigli vivremo? Finchè Cartagine stette, giusti erano e naturali i pericoli nostri: al fianco i nemici, lontani voi veri amici, non dovevamo allora sperar che nell'armi.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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