Era in que' tempi chiarissima ed efficace la eloquenza di Memmio: perciò, delle sue tante orazioni mi parve d'inserirne una qui; e sovra tutte trascelgo questa da lui pronunziata al popolo, tornato Calpurnio.
XXXI.
Molte ragioni mi allontanerebbero, o Romani, da voi, se in me l'amor del ben pubblico non superasse, e le possenti fazioni, e la soverchia vostra sofferenza, e il reo silenzio delle leggi; e massimamente il pericoloso discredito in cui la vilipesa innocenza giace fra voi. Per voi arrossisco nel rammentarvi, come da ben quindici anni il ludibrio di pochi superbi voi siate; di qual nefanda morte perissero i difensori vostri, invendicati finora; ed a qual segno infingarditi vi siate ed avviliti voi stessi: voi, che a pessimo partito ridotti dai vostri nemici, non vi destate perciò, ma atterriti dagli altri vi state, mentre d'esser tremendi si aspetta a voi soli. Io nondimeno, ben io, bastante petto mi sento da oppormi alla prepotente fazione dei nobili. Io tenterò di adoprar certamente la libertà da' miei padri tramessami: ma, che il mio tentar non sia indarno, sta in voi, o Romani. Nè vi esorto già io a vendicare, come un dì gli avi vostri, le ingiurie con l'armi: non fa qui d'uopo la forza, nè il segregarvi sul monte: lasciate sotto la lor propria gravezza precipitare costoro. Ucciso Tiberio Gracco con taccia di aspirare alla sovranità, fu quindi assai martoriata la plebe: uccisi poi Cajo Gracco e Marco Fulvio, molti de' vostri furono miserimente in carcere trucidati.
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