Ed un primo centurione della terza legione apriva per la trincea a lui affidata il varco ai Numidi, che di là nel nostro campo proruppero. Fuggono vergognosamente i Romani; e molti, gittate le armi, occupano un'altura vicina. Le tenebre, e il darsi i nemici al predare, scemarono loro i frutti della vittoria. Al raggiornare, abboccatosi Giugurta con Aulo, gli espose; "Lui e il suo esercito esser quivi rinchiusi, e stare in sua mano lo spegnerli o con la fame. o col ferro. Ma, nondimeno, memore egli pur sempre delle umane vicende, volerli, ove Aulo seco patteggi, lasciare uscir sani e salvi, fattili prima passar sotto il giogo: e ch'essi inoltre fra dieci dì sgombrare dovessero dalla Numidia" Grave ed infame era oltre ogni dire il partito: ma, prevalendo pure il timor della morte, la obbrobriosa pace, come al Re piacque, accettarono.
XXXIX
Pervenutane in Roma la nuova, di tristezza e terrore tutta la città riempivasi: chi deplorava la gloria dell'imperio macchiata; chi, delle militari vicende inesperto, per la libertà di Roma stessa temeva. Ma tutti, e maggiormente quelli già in guerra illustratisi, infierivan contr'Aulo, il quale benchè armato, col disonore pria che con la forza procacciato si era lo scampo. Perciò il Console Albino, della fraterna infamia temendo e per se stesso e per Roma, opinare faceva il Senato intorno alla pattuita pace; ed affrettavasi ad un tempo di arruolar nuova gente per rifornire lo sconfitto esercito; inscrivendovi ajuti e dagli alleati, e dai Latini; e di ogni mezzo in somma valendosi.
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