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      In tal guisa i Numidi, maggiori pur anche di numero, ove non riusciva loro d'impedire i Romani dall'incalzarli, disunivanli prima, e quindi e da tergo e da' fianchi gl'inviluppavano: ovvero, se più acconcio stimavano il fuggirsene all'erta, i loro cavalli agili e destri facilmente fra' que' virgulti sguizzavano; i nostri, non usi a cotali aspri luoghi, tardamente inseguivanli.
     
     
      LI.
     
      Vario perciò, e dubbioso, era della battaglia l'aspetto; compassionevole, ed orrido: i Romani disgiunti, alcuni cedevano, altri incalzavano; agli ordini nessuno badava nè alle bandiere; ognuno facea testa là dove investito trovavasi, e respingeva il nemico. Armi, cavalli, e saette; Numidi e Romani; tutto alla rinfusa sossopra; nulla omai per consiglio, nulla per comando operarsi: ad arbitrio della sorte ogni cosa. E già buona parte del dì trapassata, incerto tuttavia l'evento pendeva. Finalmente, pel sommo calore e travaglio, illanguidita la mischia, Metello vedendo i Numidi meno incalzanti, a poco a poco le torme riordina, e con quattro legionarie coorti fa fronte ai fanti nemici, i più di essi sopra le alture omai stanchi posandosi. Metello allora esortava a vicenda e pregava i soldati: "A non si smarrire, a non lasciarsi da fuggiaschi nemici superare: nè campo rimaner loro, nè asilo, se vinti: tutto nelle sole armi riposto ormai." Ma, nè ozioso pur rimanevasi in quel frattempo. Giugurta. D'ogni intorno trascorrer vedevasi; incoraggir ciascheduno; riappiccar con gente scelta il conflitto; nulla lasciar d'intentato; soccorrere i suoi; i vacillanti nemici incalzare; lontani e in rispetto gl'intrepidi, con l'armi tenere.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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