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      Erano a vedersi costoro, a seconda della buona o avversa fortuna dei loro Numidi, ora lieti or tremanti; e, quasichè farsene udire o vedere potessero, esortarli, incoraggirli a vicenda: altri colla mano far cenni; altri colla persona or innanzi or addietro inclinarsi, come s'essi lanciassero dardi o scansassero. Del che avvistosi Mario, che da quella parte assaliva le mura, a bella posta rallenta l'attacco, e simula diffidenza dell'esito, lasciando i Numidi godersi lo spettacolo dell'equestre battaglia. Ma quando intenti unicamente li vede pender da essa, repentinamente a gran furia riassalta le mura. E già molti soldati, inerpicatisi per le scale, quasi in cima giungevano; quando i cittadini vi accorrono con sassi, fiamme, saette, e quant'altro occorre loro alle mani. Persistono i nostri da prima; ma, precipitate ed infrante le scale, gli espugnatori con esse rovinano. Gli altri alla meglio si ritirano; ma quasi tutti gravemente piagati. La notte poi dalle due parti separò i combattenti.
     
     
      LXI.
     
      Avvistosi Metello esser vano ogni sforzo per espugnar la città; e non potersi trarre a battaglia Giugurta, ove l'opportunità o gli aguati non lo accertassero prima della vittoria, essendo oramai trascorsa l'estate, egli di Zama partivasi: e quelle città da lui ribellatesi, che per natura o per arte eran forti, presidiava. Il grosso dell'esercito pose a svernare nella provincia Romana la piu attigua ai Numidi. Nè volle Metello consumare, come suolsi, un tal tempo fra gli ozj e' piaceri; ma vedendo che poco giovavano l'armi a terminar quella guerra, per mezzo degli amici stessi del Re apprestossi a tendergli insidie, ed a valersi della loro perfidia per arme.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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