Quindi (serbati in ciò gli usi antichi) per decreto di un tal consesso spedisce Legati a Giugurta, comandandogli di consegnare dugentomila libbre d'argento, gli elefanti tutti, parte de' cavalli e dell'armi. Giugurta senza indugio obbediva: e fecesi inoltre condurre innanzi tutti i Romani disertori in catene, per restituirli. Gran parte di essi, secondo il comando, restituivasi; alcuni, ciò udendo, fuggiti erano in Mauritania presso al Re Bocco. D'armi, e di gente, e di danari spogliato in tal guisa Giugurta, e vistosi egli stesso citato a comparire in Tisidio per ivi ricevere i comandi del Console, di nuovo cominciò a vacillare; e, per rimorso de' suoi delitti, a temerne il dovuto gastigo. Consumati finalmente più giorni senza nulla risolvere; ora per le reiterate sventure ogni cosa anteponendo egli alla guerra; ora fra se riflettendo quanto duro fosse il cadere dal trono nei ceppi; dopo aver senz'alcun pro sagrificati al nemico tanti e così potenti soccorsi, Giugurta riassume la guerra. In Roma, il Senato deliberante su le provincie da assegnarsi, riconfermata avea la Numidia a Metello.
LXIII.
Cajo Mario frattanto in Utica soggiornava. Accadde un giorno, che sagrificando egli quivi, l'Augure dissegli: "Che grande e maraviglioso destino a lui sovrastava: onde, affidatosi negli Iddii arditamente imprendesse pur egli quanto rivolgea nel pensiero, e ad ogni prova la fortuna ponesse; avrebbela un dì favorevole." Travagliato già da gran tempo era Mario dal desiderio del Consolato: nè, ad ottenerlo, altro mancavagli che nobiltà di natali.
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