Di tal notizia oltre il dovere accoravasi quell'uomo, in tante altre cose sublime: sospirando, sparlando, e debole pur troppo mostrandosi nell'avversità. Alcuni perciò, di superbo il tacciarono; altri, affermarono pure esser egli d'un'ottima indole, ma dall'ingiuria innasprito: e dissero molti, che la vittoria oramai già sicura, e di mano strappatagli dal successore, lo mettea fuor di se. Ma io, ben mel so, che vieppiù lo tormentava l'invidia che non il dispetto della tolta provincia; il di cui comando con assai meno dolore avrebbe egli visto passar nelle mani d'ogni altro, che dell'emulo Mario.
LXXXIII.
Rattenuto dunque Metello da così fatto rancore, ed insania parendogli l'affrontare pericoli perchè ne raccogliesse altri il frutto; inviò a Bocco Legati, esponendogli: "Che senza ragione non si dovesse egli dichiarare nemico del popolo Romano: essergli più facil cosa e più utile l'averlo alleato e compagno; poichè, per quanta possanza avess'egli, non vi si doveva affidar pure a segno di anteporre al certo l'incerto. Lieve pur sempre l'imprender la guerra: difficilissimo, il terminarla: sguainarsi da ognuno a sua posta la spada; ma non si riporre, se non a posta d'altrui: poterla impugnare ogni debole; nell'arbitrio de' vincitori poi stare, il deporla. Pensasse e al proprio regno, e a se stesso: nè le cose sue floridissime, con quelle di Giugurta perdute, accomunare volesse." Pacatamente a tai detti il Re rispondeva: "Desiderar egli pace; ma impossibile a lui, di non compatire Giugurta infelice; col quale, ove gli si offrissero i patti stessi che a lui, si accorderebbero presto i Romani.
| |
Mario Metello Bocco Legati Romano Giugurta Pacatamente Giugurta Romani
|