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      Quivi, vedendosi solo, da naturale curiosità spinto, diedesi ad indagare l'incognito luogo. Una grand'elce fra i greppi cresciutavi, prima d'innalzarsi come ogni altra pianta all'insù, il suo tronco alquanto pendente incurvava sul basso. Ai di lei rami sporgenti in fuori inerpicatosi il Ligure, e quindi agli addentellati massi aggrappatosi, si portò orizzontalmente con gli occhi al piano del castello; inosservato egli dai Numidi, tutti a difendersi intenti verso la opposta parte. Esplora egli quivi ogni cosa che potrebbe fra breve in acconcio tornargli; e per la via stessa ritornavasene poi, non più inconsideratamente, come al salirvi, ma tutto con attenzione spiando e notando. Affrettatosi poi di pienamente informarne Mario, lo esorta a tentar la fortuna per quella parte, e gli si offre scorta al cammino, e al pericolo duce. Mario spedisce col Ligure alcuni de' suoi, per appurare le di lui promesse. Ciascuno, secondo ch'egli era più o meno animoso, riferì la cosa esser più o meno difficile. Ma il Console pure ne concepiva una qualche speranza: onde scelti dai trombettieri e flautisti cinque sveltissimi, ed aggiunti ad essi in ajuto quattro centurioni, tutti sottoposeli ed affidò al Ligure, assegnando il seguente giorno all'impresa.
     
     
      XCIV.
     
      Giunta dunque l'ora prefissa, avendo in pronto ogni cosa, il Ligure si avviava. Ai quattro centurioni avea fatto mutare le armi e le vesti; denudare il capo oltre ciò, affinchè più spiccia rimanesse loro la vista; ed i piedi, perchè più facilmente si aggrappassero ai massi.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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